STARE INSIEME. DIFENDIAMO LA SCUOLA INCLUSIVA

Ogni giorno, per mettersi tutte in fila e andare ai servizi, Shifa si avvicina al banco di Melissa, le porge la mano, e splendente di gioia in viso la sostiene fino alla porta del bagno. Anche Melissa s’illumina di gioia. È ipovedente. Io le osservo, queste bambine di otto anni, ma a volte devo distogliere lo sguardo: non avrei parole per spiegare la commozione dinanzi a tale meraviglia.

Scuola Di Donato/Manin, Roma. Foto Ass.genitori Di Donato

«Maestro, posso sedermi vicino a Waqas per aiutarlo?».
«Alessio, non me lo devi chiedere…vai!».

I bambini stanno lavorando a gruppi, in un progetto di scrittura cooperativa. Siamo al terzo incontro. Mi chiedo se Azzedine – che tra le altre ha una grande difficoltà nel tollerare la frustrazione – oggi riuscirà a non abbandonare il suo gruppo, piangendo arrabbiato.
Seguo la discussione, mentre i bambini si confrontano per inventare una favola.
A un certo punto Azzedine esclama: «Io avevo un’altra idea, ma visto che voi siete d’accordo, accetto la vostra». Scatta l’applauso dei compagni.

I nomi dei bambini sono di fantasia. I fatti sono reali, avvenuti in anni e istituti diversi. Questa è la scuola italiana, piaccia o no, e la legge stabilisce che i bambini, di qualsiasi colore e capacità fisica o intellettuale siano, per crescere debbano stare insieme.

Le norme si possono criticare e anche disobbedire, se si è disposti a pagarne le conseguenze (come fece Alberto Manzi, che si rifiutò di vergare giudizi sui suoi allievi).
Tuttavia la critica, anche quando è discriminatoria, va basata sulla conoscenza. Sui fatti. Se ve ne sono.

La pedagogia è una scienza, ed Ernesto Galli della Loggia, con il suo articolo sul Corriere «La falsa inclusività della scuola», ha dimostrato ancora una volta – dopo l’ideona anni fa del ritorno alla predelladi non essere un pedagogista; di non conoscere – o di ignorare volutamente – gli insegnamenti che ci hanno trasmesso i più grandi scienziati della pedagogia, da Quintiliano a John Dewey a Mario Lodi.

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P.s. L’articolo è stato ripreso da Gessetti Colorati, associazione alla quale invito ad iscriversi perché offre idee pratiche e formazione per l’educazione.

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I BAMBINI CHE COSA SONO? FARE POESIA A SCUOLA

Le righe che seguono mi sono state ispirate – nell’ambito del corso di Didattica della letteratura del prof. Martino Negri, Scienze della formazione primaria, università Milano Bicocca – dallo studio del testo “Desideri sogni bugie” (ed. Babalibri), nel quale il poeta Kenneth Koch (in foto) spiegò il proprio lavoro a scuola – anche in Italia – per fare poesia con i bambini. Lettura molto consigliata!

L’idea didattica, in breve, è di leggere le seguenti righe agli allievi (tranne l’ultima, per rilevare solo in seguito che lo scrivente è il maestro stesso) e stimolarli – dopo una conversazione con liberi commenti dei bambini – con una provocazione pedagogica: «Beh, questo signore ha scritto quel che pensa dei bambini. Ma a voi non viene voglia di scrivere quel che pensate degli adulti?». Può darsi che l’intervento dell’insegnante non sia necessario, perché l’idea potrebbe emergere dalla conversazione stessa tra i bambini.
Si segue allora la traccia, attraverso l’anafora («I grandi sono…»), poiché essa sostiene la strutturazione del flusso poetico, e tramite un’elencazione di aspetti positivi e “negativi” (che ho scritto come provocazione, ai fini di accendere il desiderio alla risposta scritta); almeno questo sarebbe il suggerimento, poi i bambini scriveranno un po’ ciò che vorranno (magari solo aspetti negativi!) e non ho dubbi che fioccherebbero poesie.

I BAMBINI CHE COSA SONO?

I bambini sono moccolo al naso
i bambini sono ginocchia sbucciate
i bambini sono grida sguaiate
i bambini sono sogni realizzabili
i bambini sono parolacce nascoste
i bambini sono saltelli sui marciapiedi
i bambini sono corse nei corridoi
i bambini sono verbi accrocchiati
i bambini sono errori divertenti per chi li capisce
i bambini sono sensibili ai bisbigli delle foglie
i bambini sono lucciole in uno sgabuzzino
i bambini sono grandi caldi occhi di piumone
i bambini sono bagliori di tende nella notte
i bambini sono lingue di fuoco impertinente
i bambini sono pianti noiosi
i bambini sono rugne testarde
i bambini sono bisticciate e poi pace
i bambini sono macchie di sugo
i bambini sono gelato sciolto sul cono
i bambini sono piscina e ghiaccioli
i bambini sono pisciate nelle lenzuola
i bambini sono irrequieti vulcani di risate
i bambini sono ghiri appiccicati al letto
i bambini sono sciarpe al vento
i bambini sono stringhe slacciate
i bambini sono «pucci puuucci…picci piiiicci»
i bambini sono zanzare parolaie
i bambini sono schiaffi di adulti gerarchi
i bambini sono baci di musica
i bambini sono incomprensibili ai potenti
i bambini sono infanzie dimenticate
i bambini sono vittime del mondo
i bambini sono il riscatto del mondo
i bambini sono storie da scrivere

i bambini sono il mio lavoro, i miei pensieri.

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LETTERATURA E DEMOCRAZIA (NON SOLO IN CLASSE)

Il critico letterario Romano Luperini ha scritto una lettera agli insegnanti  di cui riporto di seguito una parte, perché in poche righe il professore è capace di spiegare tutto il senso e il valore pedagogico (e dunque sociale) del fare letteratura in classe.
Naturalmente la «partecipazione collettiva» e la costruzione di una «scuola democratica» sono elementi imprescindibili in qualunque disciplina (almeno per chi intenda “l’ora di lezione” come un reale processo di insegnamento-apprendimento).

La lettera di Luperini mi pare un ottimo augurio di buon anno scolastico!

«Cari insegnanti, la Costituzione vi chiede di formare dei cittadini, non dei consumatori o dei produttori. Voi entrate ogni giorno in aula per insegnare la letteratura e insieme la democrazia. Dovete preparare i giovani a leggere e a commentare un testo letterario; e ciò comporta anzitutto studiarlo oggettivamente nella sua autonomia rispetto al lettore, considerarlo nelle sue componenti storicoculturali e letterarie, linguistiche e stilistiche; ma poi dovete anche sollecitarne l’interpretazione, che comporta invece la partecipazione del lettore, chiamato a esprimere il significato per noi di un testo. Non solo e non tanto il significato per me, ma potenzialmente un significato per la intera comunità dei lettori.

Lo studio della letteratura insomma è anche educazione civile, insegnamento di democrazia: a tutti è data la possibilità di parlare liberamente e di interpretare un testo, ma prima ognuno deve sapere ciò di cui si parla, conoscere l’argomento su cui prende la parola. La classe come “comunità ermeneutica” presuppone questa partecipazione collettiva interpretante e questa scuola democratica».

Leggi su laletteraturaenoi la Lettera agli insegnanti scritta da Romano Luperini.

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QUELL’INCONTRO CON GIANNI MINÀ

Era la primavera del 2008 o giù di lì, e in una riunione organizzata da Giulietto Chiesa, un mio intervento su Hugo Chávez fece arrossire di arrabbiata passione Gianni Minà. La sua morte, il 27 marzo scorso, mi ha rievocato l’episodio, e oggi – da maestro elementare che faceva il giornalista – penso che la figura di Minà sia un esempio per il giornalismo, per l’insegnamento e per tutti quanti noi.

In pedagogia, il concetto di autenticità è essenziale: con la medesima parola si può definire il lavoro di Gianni Minà, e la sua persona.

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                                                 Foto tratta da Fb: Gianni Minà

 

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FUGGIRE DALLA SCUOLA. E RESISTERE

La scuola italiana non rispetta la Convenzione Onu sui diritti dei bambini, e tanto meno le Indicazioni nazionali stabilite dallo Stato stesso. Questo è in sostanza il grido d’accusa di una madre finlandese, che in una lettera aperta ha spiegato di fuggire dall’Italia – dove con la sua famiglia aveva deciso di risiedere – dopo appena due mesi di vita scolastica dei figli.

Così questa madre, che chiede «qual è la pedagogia degli insegnanti?», induce a porsi ulteriori domande: com’è applicata la libertà d’insegnamento sancita dalla Costituzione? Se la formazione dei docenti è buona, può davvero essere messa in pratica nei contesti scolastici? La selezione degli insegnanti risponde ai bisogni profondi e concreti dell’educazione? Per quanto tempo ancora accetteremo che (anche) la scuola sopravviva con insufficienti risorse e instabilità (un docente su quattro è precario)?

Le parole di Elin Mattsson – una pittrice che con la famiglia ha conosciuto scuole in diversi Paesi europei – sono uno sfogo sbalordito, importante perché la donna, con il suo occhio esterno, punta lo sguardo su alcuni nodi mai sciolti della scuola italiana, i medesimi che da decenni sollevano pedagogisti e associazioni di insegnanti e genitori.

Per la madre finlandese non è accettabile che sugli allievi ricadano le urla e lo sguardo «sprezzante» degli insegnanti; che i bambini non si possano muovere dal banco durante le lezioni né beneficiare di frequenti pause; che essi non possano apprendere con l’«aria fresca» dell’ambiente esterno e che le scuole siano circondate dal «caos totale del traffico». E con sintesi limpida, Mattsson definisce «povero» il nostro sistema scolastico. Dunque, via da qui.

La lettera è un’occasione per riflettere sul fatto che nella scuola permanga in linea generale l’eredità della riforma di Giovanni Gentile del 1923.

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GOTAS DE VIDA – GOCCE DI VITA

[Link in fondo per la versione in italiano]

                GOTAS DE VIDA

Los niños son gotas de maniantal
el tiempo fluye, se hacen
arroyo
torrente
río
mar
océano.

Si un sol de amor
los besa
devuelven gotas
que se deslizan riendo
bajando del cielo.

Y nueva vida
de belleza será.

Paseo de los poetas, Salta
Argentina, 28 de Julio 2022.
Esperando la cena al “comedor de Lalo”

                                      “Sueños al cielo” (detalle, fotografía), Gladys Giles
                            Exposición al Centro Cultural Islas Malvinas, La Plata, 14.8.22

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DESIDERIO D’ALBA

Ho scattato questa foto undici anni fa. L’ho pensata e la sono andata a ripescare, per aggiungervi righe.

L’alba è desiderio: va cercata, più del tramonto. Ed è attesa di inizio, di luce.

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ACQUA

ACQUA

                                                                   Desidero morire
                                                                   fiume
                                                                   per rinascere
                                                                   mare

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SCIOPERO PERCHÉ SI INVESTA SUL FUTURO

Oggi sciopero contro i tagli alla scuola e l’autoritarismo del governo, ma soprattutto per chiedere una scuola degna di un Paese civile, nella quale i bambini possano davvero beneficiare di quanto stabilito nelle Indicazioni Nazionali.

Il governo Draghi ha introdotto importanti cambiamenti riguardo alla formazione e al reclutamento del personale, ed ha tagliato 9.600 posti di insegnamento (dal 2026 al 2031).
Come ha assunto tali decisioni, il governo? Con il decreto legge 36/22 del 30 aprile scorso (“Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”): su un tema fondamentale per il Paese, qual è la scuola, il ministro Patrizio Bianchi non ha ritenuto di doversi confrontare con le rappresentanze dei lavoratori, degli studenti e delle famiglie.

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LA PLASTICA NEL CICLO DELLA VITA, DAI MARI ALLA PLACENTA: CAMBIAMO ABITUDINI O RIMANIAMO CRETINI?

Il futuro del fiume è alla fonte. Una riflessione, ed un invito a evitare la plastica, a partire da un errore al bar.
                                                                                  ***
Qualche giorno fa a pranzo sono stato un cretino, perché a
lla domanda della cameriera ho risposto «acqua» sapendo che mi avrebbe portato una bottiglietta di plastica, avendola già sul tavolo i miei commensali arrivati prima di me.
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