“Cronache macedoni” è la rubrica che scrivo per un mensile dell’Oltrepò pavese con la speranza di fare conoscere lo Sve ad altri giovani. Puoi scaricare la prima parte in pdf – il racconto dell’arrivo a Prilep – oppure leggerla di seguito.
Il viaggio da Skopje alla cittadina di Prilep si snoda verso sud per due ore e mezza di un bus che sembra avere rubato il motore all’aereo, tanto è il rumore che rimbomba. Ma gli occhi mi si chiudono, contro ogni tentativo di rimanere sveglio per osservare il paesaggio sconosciuto scorrere al di fuori. Faccio in tempo a chiedermi se i sacchetti di plastica appesi ai sedili sono espressione d’una pulizia maniacale dell’autista oppure d’una stomachevole tortuosità stradale, e mi addormento.
Tra un attimo di risveglio e l’altro causato da improvvisi sobbalzi, vedo nel grigiore della pioggia piccoli cimiteri arrampicarsi in collinette verdi punzecchiate dalle croci bianche, villaggi di povere case sbuffanti fumo, montagne rocciose strette in gole dove il bus sembra passare come una nave spaziale in un paesaggio lunare.
Mi sveglio del tutto solo quando il pullman arriva nella valle che ospita Prilep. È il primo pomeriggio di domenica 7 aprile, una data che con sottile inquietudine spero rimarrà negli annali della mia vita.
Sono venuto in Macedonia per un progetto di Servizio volontario europeo (Sve). I miei piedi calpesteranno la terra balcanica per nove mesi, se tutto andrà bene, e ci sono arrivati per diverse ragioni: quella di più vecchia data è il desiderio di fare volontariato all’estero a tempo pieno e a lungo, la più recente è la mancanza di prospettive in un’Italia che lascia i giovani e se stessa senza futuro.
“Dobredòidovte”, benvenuto, con la speranza che in Macedonia riesca a far fruttare le competenze giornalistiche che al mio Paese sono ripagate in precariato.
Io sono il “missing ingredient”, e con me lo è Silvia, spagnola di Murcia: noi siamo “l’ingrediente mancante”, il nome del progetto a cui ci siamo candidati nel mezzo dell’estate scorsa. L’ha proposto “Info front – Prilep”, associazione fondata due anni fa da Marian e Kyro, classe 1984 come me. Il primo è un insegnante; l’altro è disoccupato, e come lui lo sono Filip, Vlado e Keti, gli altri giovani di Info front.
D’altronde il tasso di disoccupazione in Macedonia segna il 31%. Lo si vede per le strade di questa città grande meno di due volte Voghera, ma che di abitanti ne ha il doppio: le persone riempiono le strade, e a mezzogiorno di mercoledì e sabato, giorni di gran mercato, sembra che gli abitanti siano un milione. Prendere un caffè al bar stando seduti a chiacchierare pare l’attività prediletta, insieme al fumo; un pacchetto di sigarette costa solo un euro.
Le impressioni suscitano giudizi. È un automatismo umano di difesa che qui a Prilep voglio affrontare con più forza. Sono venuto in Macedonia perché interessato al progetto: tra l’altro, insegno italiano e lavoro per la pubblicazione di un magazine in città, per creare curiosità nelle tematiche europee e far avvicinare più giovani a Info front. A poco a poco spero di radunare un gruppo interessato a scrivere, fotografare e filmare quel che accade in città, per insegnare ciò che ho imparato io a scuola di giornalismo qualche anno fa.
Prilep è dunque una conseguenza, non ho scelto la meta ma il progetto. Con un po’ di incoscienza, forse; di questi tempi la Germania e l’Inghilterra potrebbero offrire opportunità di lavoro introvabili in altre parti d’Europa. Ma quando l’estate scorsa ho inviato domanda, ho pensato che un qualsiasi impiego all’estero farò sempre in tempo a trovarlo: questo progetto, no. E la Macedonia, culturalmente più diversa dall’Italia rispetto a un altro stato dell’Europa occidentale, potrebbe fare di me un uomo che cammina su orizzonti più larghi.
Le prime, piccole quotidiane differenze (quelle che a viverle senza mugugni ingrandiscono lo spirito d’adattamento) sono una sorpresa per il mio palato italiano. Il pane! Dov’è il pane che adoro nelle sue varie forme e farine? In sostanza, ce ne sono solo di due tipi, ed enormi, per una persona sola: niente panetterie, niente taglio del pane.
E il basilico! Ma come, in centro c’è il mercato permanente di frutta e verdura, e non c’è il basilico? No, non è di uso comune. Per fortuna il proprietario della casa in cui vivo è un simpaticone e m’ha detto di non piantare semi: me lo darà lui il basilico del suo orto, bisogna solo aspettare che cresca.
In compenso, al mercato per uno straniero è facile fare amicizia. Il mio venditore di carote preferito, con la faccia rugosa e stanca che s’accende di sorrisi, mi sceglie le migliori. E quello di uova m’ha invitato al ristorante (ma dopo la pasqua ortodossa). Simon invece è un signore dalle mani e la tuta sporche di grasso che sembra più anziano dei suoi 70 anni; l’ho conosciuto accarezzando il cagnolino nero davanti alla sua officina, sulla strada quotidiana per la sede di Info front; tra una parola smozzicata di macedone e l’altra, tra un gesto e un’impalpabile intesa, seduto su uno sgabello traballante in mezzo a due suoi amici credo di avere gustato il migliore caffè turco di Prilep.
La vita macedone è iniziata da poco, ma l’accoglienza di molte persone mi fa già sentire (quasi) a casa.
Il Servizio volontario europeo (Sve) in breve |
Che cos’è: è un progetto dell’Unione europea per i giovani tra i 18 e i 30 anni che fa parte del programma “Gioventù in azione”. È un’attività di volontariato tra i 2 e i 12 mesi, in Europa o al di fuori. Quanto costa: al volontario solo il 10% del viaggio. Viene offerto vitto, alloggio e un “pocket money” mensile. Quali attività: di qualsiasi genere, dall’assistenza alla cultura, dall’ambiente alla comunicazione. Ogni progetto ha un settore di riferimento; per trovarne uno, si può consultare il sito Youthnetworks per le posizioni aperte al momento, o il database Sve per tutti i progetti finanziati dalla Ue (ma che molto probabilmente hanno già volontari all’opera), oppure ci sono varie associazioni che inviano newsletter con gli Sve in cerca di volontari. Come candidarsi: servono cv, lettera motivazionale e una “sending organization”, cioè un’associazione italiana che stipuli il contratto con quella estera di accoglienza. Nella nostra provincia una sending organization è “Porta nuova europa”, a Pavia: per contatti, info@portanuovaeuropa.it |