Il critico letterario Romano Luperini ha scritto una lettera agli insegnanti di cui riporto di seguito una parte, perché in poche righe il professore è capace di spiegare tutto il senso e il valore pedagogico (e dunque sociale) del fare letteratura in classe.
Naturalmente la «partecipazione collettiva» e la costruzione di una «scuola democratica» sono elementi imprescindibili in qualunque disciplina (almeno per chi intenda “l’ora di lezione” come un reale processo di insegnamento-apprendimento).
La lettera di Luperini mi pare un ottimo augurio di buon anno scolastico!
«Cari insegnanti, la Costituzione vi chiede di formare dei cittadini, non dei consumatori o dei produttori. Voi entrate ogni giorno in aula per insegnare la letteratura e insieme la democrazia. Dovete preparare i giovani a leggere e a commentare un testo letterario; e ciò comporta anzitutto studiarlo oggettivamente nella sua autonomia rispetto al lettore, considerarlo nelle sue componenti storicoculturali e letterarie, linguistiche e stilistiche; ma poi dovete anche sollecitarne l’interpretazione, che comporta invece la partecipazione del lettore, chiamato a esprimere il significato per noi di un testo. Non solo e non tanto il significato per me, ma potenzialmente un significato per la intera comunità dei lettori.
Lo studio della letteratura insomma è anche educazione civile, insegnamento di democrazia: a tutti è data la possibilità di parlare liberamente e di interpretare un testo, ma prima ognuno deve sapere ciò di cui si parla, conoscere l’argomento su cui prende la parola. La classe come “comunità ermeneutica” presuppone questa partecipazione collettiva interpretante e questa scuola democratica».
Leggi su laletteraturaenoi la Lettera agli insegnanti scritta da Romano Luperini.