Smartphone in classe: ma l’opinione dei ragazzi non conta? Una domanda e una proposta per la ministra Fedeli

Si sapeva che la questione avrebbe creato polemiche, e probabilmente più di tutti lo sapeva la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, che ha dato il via libera all’uso dello smartphone in classe e ha spiegato che da venerdì 15 settembre una commissione “s’insedierà per costruire le linee guida dell’utilizzo dello smartphone in aula”.

Da educatore con una formazione giornalistica alle spalle sono convinto che da un punto di vista pedagogico il tema sia fondamentale, non a caso sto presentando alle scuole superiori un progetto di Media education che passando dal cyberbullismo alla nomofobia e alle dipendenze da schermo e da gioco in generale, vorrebbe discutere con gli adolescenti proprio sull’uso del cellulare a scuola: la mia idea – basata sull’Educazione non formale – è che siano gli studenti stessi a darsi un regolamento, perché se si partecipa alla costruzione delle”leggi”, è più probabile che poi le si rispetti.

Non intendo entrare nel merito della questione smartphone in classe, ma piuttosto sollevare un dubbio sul metodo che pare avere adottato la ministra Fedeli, la quale ha parlato di “straordinaria opportunità”.

Ecco, coerenza vorrebbe che si facesse qualcosa di straordinario anche per affrontare l’argomento: questo dibattito sugli smartphone potrebbe essere un’occasione per rompere gli schemi ed includere nella discussione pubblica – quindi politica – i protagonisti stessi della faccenda: i ragazzi.

Crediamo forse che il problema si risolverà con le linee guida di una commissione ministeriale? Qui si tratta di una questione culturale, e in quanto tale per affrontarla con serietà bisognerebbe creare un ampio dibattito, senza ansie da emergenza (anche perché gli insegnanti già da anni ormai lottano in classe da soli), ma piuttosto stimolando partecipazione e organizzando incontri interdisciplinari e intergenerazionali in cui adulti esperti in varie materie discutano insieme ai ragazzi e ai docenti.

È possibile che nel 2017 si continui ancora a calare norme dall’alto, senza prevedere l’ascolto e la partecipazione dei destinatari degli interventi educativi e di chi li realizza (in questo caso gli insegnanti)? Gli adolescenti tanto bistrattati dal sentire comune di chi non li conosce, sono invece una risorsa, sono “la” risorsa della nostra società, non fosse altro perché saranno gli adulti di domani. E di questioni digitali avrebbero un sacco di cose da insegnarci, a noi immigrati digitali.

Se si desse ai ragazzi la possibilità di esprimersi – oltre a conoscere il loro punto di vista e di scoprire problemi o vantaggi che altrimenti non emergerebbero – si offrirebbe loro anche l’opportunità di essere cittadini, di farsi carico di una questione e di cercare di risolverla: significa essere autonomi, questo è l’obiettivo dell’educazione.

Tra l’altro potrebbe essere un’occasione per ampliare la questione: pare alquanto miope concentrarsi solamente sull’uso dello smartphone in classe a scopi didattici. E – solo per dirne qualcuna – i rischi di un uso improprio del telefono, a scuola o fuori? E le potenzialità formative dei social media come risorsa per conoscere ciò che è lontano da noi?

Vorrei chiedere allora alla ministra Fedeli: non crede che il dibattito sul cellulare in classe possa essere solo un aspetto della questione digitale che sta modificando la nostra cultura, e che in tale discussione vadano coinvolti gli adolescenti e gli insegnanti?

I ragazzi delle scuole superiori hanno le proprie rappresentanze studentesche, sarebbe possibile portare la discussione scuola per scuola e poi incontrarsi a livello nazionale. Lo sappiamo che per fare queste cose servono soldi. Ma – tanto per dirne un’altra – l’Agenzia Nazionale Giovani ha senza dubbio le competenze per trovare qualche fondo europeo, se proprio non si vuole attingere dal bilancio statale.

Ci sono cose in cui le scuse non valgono, e l’educazione è una di queste!

Ps le fonti con licenza Creative Commons per il fotomontaggio pubblicato sono qui e qui

Questa voce è stata pubblicata in Attualità, Educazione, MieiLavori, Scuola e contrassegnata con , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.