Sfruttamento dei giornalisti, l’Espresso parlandone lo fa

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Grazie ai social network ho letto un post di Primo di Nicola, giornalista de l’Espresso, il quale nelle prime righe scrive “delle migliaia di colleghi, giovani e no, che collaborando con quotidiani e testate on line non riescono nemmeno a ripagarsi delle spese. Si tratta di professionisti che per un articolo vengono pagati anche tre, dico 3 euro. Si tratta di una vergogna nazionale, che molto somiglia allo sfruttamento dei minori che le grandi multinazionali fanno in India e Africa per confezionare i loro prodotti”.

Il cartello di un giornalista precario nella manifestazione a Milano del 9 aprile 2011 "Il nostro tempo è adesso"Insomma è molto pesante l’accusa che di Nicola rivolge al mondo del giornalismo italiano. Benissimo ha fatto il collega a scriverne, a lui va la mia gratitudine.
Ma di Nicola certo non poteva dire che anche il gruppo editoriale per cui lavora tratta i propri collaboratori allo stesso modo degli altri suoi concorrenti.

La precisazione l’abbiamo fatta, nei commenti al post che ci sono stati approvati (dallo stesso di Nicola?), io e il presidente del sindacato dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia Carlo Muscatello, mentre nei social network sono stati molti ad avere commentato l’articolo.
Ecco cosa ho scritto io:

“[…] anche il Gruppo Editoriale L’Espresso è complice di quella che tu chiami vergogna nazionale e accosti allo sfruttamento minorile in India e in Africa.
Lo sanno ad esempio i tanti collaboratori dei numerosi quotidiani locali del Gruppo  pagati 3-4 euro ad articolo, senza rimborso delle spese.
A smuoversi dovrebbero essere dunque innanzitutto non solo il governo, credo, ma ancor più quelle testate giornalistiche la cui posizione editoriale è teoricamente vicina al mondo dei lavoratori.
L’ipocrisia è una brutta bestia, ma per fortuna ci sono giornalisti come te che ne parlano. E da anni se ne parla, basta guardare questa foto di una manifestazione a Milano contro il precariato”.

Da anni se ne parla, mentre rimaniamo in attesa che la legge sull’equo compenso venga applicata.

P.s. a proposito della foto: indovinate chi è il giornalista che teneva quel cartello?

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