Buon Primo Maggio, in attesa della @rivoluzione

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“Se potessi scrivere una mail, avrei fatto la mia rivoluzione”. Chissà se Giorgio Gaber l’avrebbe messa giù così la strofa di Un’idea, dopo che il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha invitato sindacati e dipendenti statali a scrivere all’indirizzo di posta elettronica rivoluzione@governo.it per commentare la riforma della pubblica amministrazione, presentata il 30 aprile a grandi linee in una conferenza stampa insieme al ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia.

Renzi e Madia alla conferenza stampa del 30 aprile. ©unita.it
C’è innanzitutto una questione di contenuto lessicale, a essere scrupolosi. Le rivoluzioni si fanno casomai per andare al governo (fallendo la rivoluzione se si tratta del governo di uno Stato, come sanno gli anarchici): non ci si venga a dire il contrario, che le rivoluzioni le fanno i governi. Renzi farà riforme, tutt’al più.

Ma soprattutto infastidisce la strategia di annunci e slogan di cui il presidente del Consiglio abusa, come un politicante navigato del web 2.0. La riforma della pubblica amministrazione per ora è solo un pezzo di carta e una conferenza stampa; e fin qui d’accordo, diamogli il tempo di metterla in atto.

Non la si definisca tuttavia una rivoluzione. Non solo perché il termine utilizzato in questo contesto suona ridicolo (evidentemente non la pensano così gli strateghi della comunicazione renziana) e perché Renzi, in vista delle elezioni europee, ha posticipato il taglio ai salari dei dipendenti statali, ma anche perché può risultare offensivo parlare di rivoluzione – riferendosi a una riforma della pubblica amministrazione – alla vigilia del 1 Maggio, festa dei lavoratori, con una disoccupazione giovanile che supera il 42% (quella totale è quasi al 13%).

Se Renzi vuole usare slogan altisonanti, lo faccia lontano da giornate importanti come il 1 maggio, quando l’attenzione politica e mediatica dovrebbe essere concentrata su altri problemi che la nostra società vive.

E poi, per non farci venire il pensiero che sia tutta una pagliacciata, all’indirizzo mail del governo aggiunga la pec: la rivoluzione per posta elettronica la vogliamo come minimo certificata.

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