Bagni sporchi, crepe e letti rotti: “Quella clinica è una sofferenza”.
La sanità, un bene pubblico fondamentale. Una clinica privata convenzionata con il pubblico. Un giornalista scrive un’inchiesta e la clinica gli chiede 10 milioni di euro di risarcimento.
Ora l’ “incubo” per Alberto Custodero (La Repubblica) è finito, ma è durato più di cinque anni. Intanto però l’ospedale aveva cercato di fermare il suo lavoro, grazie al quale Nas e Regione Lazio hanno fatto ispezioni e obbligato la clinica a migliorare la situazione.
Custodero è giornalista di una grande testata.
Poi ci sono molti altri giornalisti, free lance, che devono affrontare – spesso senza la copertura economica e legale del giornale – processi da centinaia di migliaia di euro perché hanno fatto bene il proprio lavoro, rompendo le scatole a qualcuno che voleva fare il furbo.
È ciò che sta vivendo, ad esempio, Alessandro Trevisani, free lance di Porto Recanati (Macerata), che da un anno sta scrivendo su un grande progetto edilizio in un luogo che ospita un sito archeologico dell’età romana e che è soggetto a rischio frane medio-alto. Trevisani rischia un processo da mezzo milione di euro.
Tanto alla fine, chi ha i soldi querela come niente pur sapendo di aver torto, perché intanto cerca di fermare un giornalista, e alla fine del processo, dopo anni, paga solo le spese legali.
Tutto è raccontato ogni giorno su Ossigeno per l’Informazione, l’osservatorio sui giornalisti minacciati in Italia che dal 2006 ha conteggiato quasi 2.200 casi.