LA PALLAVOLO E L’INSEGNAMENTO DELLE CAMPIONESSE

«Ho letto una cosa sui social, di una famiglia che si era fermata in un bar apposta per vederci. Questo è quello che deve esserci in Italia e noi cerchiamo di farlo in nove metri, in questo campo. Però l’importante è tutto quello che poi noi riusciamo a diffondere all’esterno: la resilienza, la voglia di restare lì anche quando le cose vanno male e superare tutti i problemi insieme. Noi l’abbiamo fatto e quindi sono solo orgogliosa».Anna Danesi, 29 anni, capitana della nazionale italiana di pallavolo, è riuscita a parlare in modo così profondo – in un’intervista Rai – mentre era piena di emozione per la finale contro la Turchia vinta da pochi minuti al mondiale in Thailandia.
Questo sono le grandi campionesse: donne e uomini che nello sport non solo vedono una metafora dell’approccio alla vita, ma sono anche capaci di comunicarlo e di scuotere le coscienze.
Noi siamo qui in nove metri per la pallavolo – ci ha in sostanza detto Danesi – ma giochiamo con lo sguardo proteso verso tutto lo spazio al di fuori del campo.

E in quel «la voglia di restare lì anche quando le cose vanno male», quante migliaia di italiani si possono identificare? Tutti quei cittadini, giovani e meno, che per un motivo o per l’altro hanno deciso di rimanere in un Paese che difficilmente premia l’impegno.

«Resilienza»: parola suprema, che ci servirà per adattarci – tra l’altro – ai cambiamenti climatici.

E soprattutto, «superare tutti i problemi insieme».
Questo è ciò che l’Italia intelligente, solidale e aperta al futuro ha da imparare dalle campionesse della pallavolo: stare insieme per opporsi concretamente alla visione che sta dominando il nostro Paese e il mondo occidentale, una visione che affronta il cambiamento cercando di chiuderlo in un passato di autoritarismo ed economia che ci ha condotti a questo presente di guerre e sfruttamento. Un passato molto presente e contro il quale bisogna lavorare perché non abbia futuro.

Superare tutti i problemi insieme. Non c’è alternativa. Se non quella dei disastri e dell’orgoglio sterile di chi porta avanti bandierine di narcisismo e potere.

[Questo articolo è stato pubblicato su Tecnica della Scuola]

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