«La speranza è una trappola, è una brutta parola, non si deve usare. La speranza è una trappola inventata dai padroni, […] è una cosa infame».
Queste parole di Mario Monicelli, pronunciate 12 anni fa alla Rai, mi sovvengono ogni volta che penso nel profondo alla speranza. Ogni volta che con essa sogno, o mi addoloro, sussurrandomi talvolta che sì, Monicelli aveva ragione.
Poi rinsavisco. Perché la speranza non è una e sola, uguale per tutti: dipende da chi la diffonde, da chi se ne nutre, per quali scopi. È vero: esiste la speranza-trappola dei padroni, una speranza infame. Solo per contrapposizione – così come d’opposti si fonda la vita – dovrebbe allora esistere una speranza autentica.
Nella nostra era di consapevole antropocene, la speranza autentica è forse la più ardua che vi sia mai stata nella storia: l’umanità rischia di autodistruggersi per l’inquinamento causato dal suo stesso modo di vivere.
[Articolo di adesione alla campagna “Partire dalla speranza e non dalla paura” di Comune-info]. PROSEGUI LA LETTURA