DAL CARCERE L’UOMO FELICE

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Stare immobili nella concentrazione sentendo una corsa interiore che scompiglia i pori del corpo e della mente, lo sguardo fisso sull’ipnosi del palco animato di umani, simboli, colori e geometrie. Forse è questo l’effetto puro dell’arte: un’estasi della partecipazione. E a teatro, Armando Punzo e gli attori della Compagnia della Fortezza del carcere di Volterra rendono lo spettatore «un corpo fluido capace di espandersi, all’esterno e all’interno…perdere i contorni…», come sussurra il drammaturgo nell’accompagnamento audio allo spettacolo, mentre sul palco la meraviglia si dipana in un climax che nella conclusione diviene un inno alla vita e alla diversità.

Ho visto Naturae al Piccolo di Milano giorni fa, ed ancora mi attraversano le emozioni provate in un intreccio di temi tra arte, infanzia e carcere.
Per scrivere su quest’opera di Punzo (Leone d’oro alla carriera alla Biennale Teatro 2023), mi appello alla poetessa Wislawa Szymborska: «Do tanto valore a questa breve frase: “Non lo so”. È solo una frasetta, ma vola su ali possenti. Espande le nostre vite, abbracciando gli spazi dentro di noi e le distese esteriori in cui il nostro piccolo pianeta fluttua sospeso» (da La prima frase è sempre la più difficile, Terre di Mezzo).
Sia Szymborska sia Punzo parlano di “espansione”: a teatro con la Fortezza, lo spettatore ha la sensazione di diffondersi.

Che cosa io possa spiegare di Naturae, non lo so. È anche questo il dono dello spettacolo: spingere alla riflessione tramite il veicolo delle emozioni, per chiosare: «Chissà se è ciò che volevano dire».
In fondo, che importa. Sollecitati dalla visione, dall’ascolto delle frasi lontane e chirurgiche di Punzo e della musica dal vivo di Andreino Salvadori, durante lo spettacolo il coinvolgimento emotivo e l’espansione del proprio essere sono tali da instillare una presunzione: io sono non solo pubblico, ma anche partecipe di quest’opera. Essa è lì sul palco, ma con la sua narrazione multi-sensoriale e non tradizionale mi attira a sé, mi accoglie e mi rende parte.
Lo spettatore in poltroncina diviene come le cubiche gabbie bianche sul palco: basta che qualcuno le faccia muovere perché smettano di fermarsi. E il movimento invisibile tra attori e pubblico crea la magia dell’opera.

Naturae è un atto politico di affermazione dell’homo felix: dobbiamo guadagnarcelo – spiega Punzo – per evolvere dalla fase dell’homo sapiens.

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STARE INSIEME. DIFENDIAMO LA SCUOLA INCLUSIVA

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Ogni giorno, per mettersi tutte in fila e andare ai servizi, Shifa si avvicina al banco di Melissa, le porge la mano, e splendente di gioia in viso la sostiene fino alla porta del bagno. Anche Melissa s’illumina di gioia. È ipovedente. Io le osservo, queste bambine di otto anni, ma a volte devo distogliere lo sguardo: non avrei parole per spiegare la commozione dinanzi a tale meraviglia.

Scuola Di Donato/Manin, Roma. Foto Ass.genitori Di Donato

«Maestro, posso sedermi vicino a Waqas per aiutarlo?».
«Alessio, non me lo devi chiedere…vai!».

I bambini stanno lavorando a gruppi, in un progetto di scrittura cooperativa. Siamo al terzo incontro. Mi chiedo se Azzedine – che tra le altre ha una grande difficoltà nel tollerare la frustrazione – oggi riuscirà a non abbandonare il suo gruppo, piangendo arrabbiato.
Seguo la discussione, mentre i bambini si confrontano per inventare una favola.
A un certo punto Azzedine esclama: «Io avevo un’altra idea, ma visto che voi siete d’accordo, accetto la vostra». Scatta l’applauso dei compagni.

I nomi dei bambini sono di fantasia. I fatti sono reali, avvenuti in anni e istituti diversi. Questa è la scuola italiana, piaccia o no, e la legge stabilisce che i bambini, di qualsiasi colore e capacità fisica o intellettuale siano, per crescere debbano stare insieme.

Le norme si possono criticare e anche disobbedire, se si è disposti a pagarne le conseguenze (come fece Alberto Manzi, che si rifiutò di vergare giudizi sui suoi allievi).
Tuttavia la critica, anche quando è discriminatoria, va basata sulla conoscenza. Sui fatti. Se ve ne sono.

La pedagogia è una scienza, ed Ernesto Galli della Loggia, con il suo articolo sul Corriere «La falsa inclusività della scuola», ha dimostrato ancora una volta – dopo l’ideona anni fa del ritorno alla predelladi non essere un pedagogista; di non conoscere – o di ignorare volutamente – gli insegnamenti che ci hanno trasmesso i più grandi scienziati della pedagogia, da Quintiliano a John Dewey a Mario Lodi.

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P.s. L’articolo è stato ripreso da Gessetti Colorati, associazione alla quale invito ad iscriversi perché offre idee pratiche e formazione per l’educazione.

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I BAMBINI CHE COSA SONO? FARE POESIA A SCUOLA

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Le righe che seguono mi sono state ispirate – nell’ambito del corso di Didattica della letteratura del prof. Martino Negri, Scienze della formazione primaria, università Milano Bicocca – dallo studio del testo “Desideri sogni bugie” (ed. Babalibri), nel quale il poeta Kenneth Koch (in foto) spiegò il proprio lavoro a scuola – anche in Italia – per fare poesia con i bambini. Lettura molto consigliata!

L’idea didattica, in breve, è di leggere le seguenti righe agli allievi (tranne l’ultima, per rilevare solo in seguito che lo scrivente è il maestro stesso) e stimolarli – dopo una conversazione con liberi commenti dei bambini – con una provocazione pedagogica: «Beh, questo signore ha scritto quel che pensa dei bambini. Ma a voi non viene voglia di scrivere quel che pensate degli adulti?». Può darsi che l’intervento dell’insegnante non sia necessario, perché l’idea potrebbe emergere dalla conversazione stessa tra i bambini.
Si segue allora la traccia, attraverso l’anafora («I grandi sono…»), poiché essa sostiene la strutturazione del flusso poetico, e tramite un’elencazione di aspetti positivi e “negativi” (che ho scritto come provocazione, ai fini di accendere il desiderio alla risposta scritta); almeno questo sarebbe il suggerimento, poi i bambini scriveranno un po’ ciò che vorranno (magari solo aspetti negativi!) e non ho dubbi che fioccherebbero poesie.

I BAMBINI CHE COSA SONO?

I bambini sono moccolo al naso
i bambini sono ginocchia sbucciate
i bambini sono grida sguaiate
i bambini sono sogni realizzabili
i bambini sono parolacce nascoste
i bambini sono saltelli sui marciapiedi
i bambini sono corse nei corridoi
i bambini sono verbi accrocchiati
i bambini sono errori divertenti per chi li capisce
i bambini sono sensibili ai bisbigli delle foglie
i bambini sono lucciole in uno sgabuzzino
i bambini sono grandi caldi occhi di piumone
i bambini sono bagliori di tende nella notte
i bambini sono lingue di fuoco impertinente
i bambini sono pianti noiosi
i bambini sono rugne testarde
i bambini sono bisticciate e poi pace
i bambini sono macchie di sugo
i bambini sono gelato sciolto sul cono
i bambini sono piscina e ghiaccioli
i bambini sono pisciate nelle lenzuola
i bambini sono irrequieti vulcani di risate
i bambini sono ghiri appiccicati al letto
i bambini sono sciarpe al vento
i bambini sono stringhe slacciate
i bambini sono «pucci puuucci…picci piiiicci»
i bambini sono zanzare parolaie
i bambini sono schiaffi di adulti gerarchi
i bambini sono baci di musica
i bambini sono incomprensibili ai potenti
i bambini sono infanzie dimenticate
i bambini sono vittime del mondo
i bambini sono il riscatto del mondo
i bambini sono storie da scrivere

i bambini sono il mio lavoro, i miei pensieri.

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LETTERATURA E DEMOCRAZIA (NON SOLO IN CLASSE)

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Il critico letterario Romano Luperini ha scritto una lettera agli insegnanti  di cui riporto di seguito una parte, perché in poche righe il professore è capace di spiegare tutto il senso e il valore pedagogico (e dunque sociale) del fare letteratura in classe.
Naturalmente la «partecipazione collettiva» e la costruzione di una «scuola democratica» sono elementi imprescindibili in qualunque disciplina (almeno per chi intenda “l’ora di lezione” come un reale processo di insegnamento-apprendimento).

La lettera di Luperini mi pare un ottimo augurio di buon anno scolastico!

«Cari insegnanti, la Costituzione vi chiede di formare dei cittadini, non dei consumatori o dei produttori. Voi entrate ogni giorno in aula per insegnare la letteratura e insieme la democrazia. Dovete preparare i giovani a leggere e a commentare un testo letterario; e ciò comporta anzitutto studiarlo oggettivamente nella sua autonomia rispetto al lettore, considerarlo nelle sue componenti storicoculturali e letterarie, linguistiche e stilistiche; ma poi dovete anche sollecitarne l’interpretazione, che comporta invece la partecipazione del lettore, chiamato a esprimere il significato per noi di un testo. Non solo e non tanto il significato per me, ma potenzialmente un significato per la intera comunità dei lettori.

Lo studio della letteratura insomma è anche educazione civile, insegnamento di democrazia: a tutti è data la possibilità di parlare liberamente e di interpretare un testo, ma prima ognuno deve sapere ciò di cui si parla, conoscere l’argomento su cui prende la parola. La classe come “comunità ermeneutica” presuppone questa partecipazione collettiva interpretante e questa scuola democratica».

Leggi su laletteraturaenoi la Lettera agli insegnanti scritta da Romano Luperini.

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QUELL’INCONTRO CON GIANNI MINÀ

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Era la primavera del 2008 o giù di lì, e in una riunione organizzata da Giulietto Chiesa, un mio intervento su Hugo Chávez fece arrossire di arrabbiata passione Gianni Minà. La sua morte, il 27 marzo scorso, mi ha rievocato l’episodio, e oggi – da maestro elementare che faceva il giornalista – penso che la figura di Minà sia un esempio per il giornalismo, per l’insegnamento e per tutti quanti noi.

In pedagogia, il concetto di autenticità è essenziale: con la medesima parola si può definire il lavoro di Gianni Minà, e la sua persona.

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                                                 Foto tratta da Fb: Gianni Minà

 

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FUGGIRE DALLA SCUOLA. E RESISTERE

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La scuola italiana non rispetta la Convenzione Onu sui diritti dei bambini, e tanto meno le Indicazioni nazionali stabilite dallo Stato stesso. Questo è in sostanza il grido d’accusa di una madre finlandese, che in una lettera aperta ha spiegato di fuggire dall’Italia – dove con la sua famiglia aveva deciso di risiedere – dopo appena due mesi di vita scolastica dei figli.

Così questa madre, che chiede «qual è la pedagogia degli insegnanti?», induce a porsi ulteriori domande: com’è applicata la libertà d’insegnamento sancita dalla Costituzione? Se la formazione dei docenti è buona, può davvero essere messa in pratica nei contesti scolastici? La selezione degli insegnanti risponde ai bisogni profondi e concreti dell’educazione? Per quanto tempo ancora accetteremo che (anche) la scuola sopravviva con insufficienti risorse e instabilità (un docente su quattro è precario)?

Le parole di Elin Mattsson – una pittrice che con la famiglia ha conosciuto scuole in diversi Paesi europei – sono uno sfogo sbalordito, importante perché la donna, con il suo occhio esterno, punta lo sguardo su alcuni nodi mai sciolti della scuola italiana, i medesimi che da decenni sollevano pedagogisti e associazioni di insegnanti e genitori.

Per la madre finlandese non è accettabile che sugli allievi ricadano le urla e lo sguardo «sprezzante» degli insegnanti; che i bambini non si possano muovere dal banco durante le lezioni né beneficiare di frequenti pause; che essi non possano apprendere con l’«aria fresca» dell’ambiente esterno e che le scuole siano circondate dal «caos totale del traffico». E con sintesi limpida, Mattsson definisce «povero» il nostro sistema scolastico. Dunque, via da qui.

La lettera è un’occasione per riflettere sul fatto che nella scuola permanga in linea generale l’eredità della riforma di Giovanni Gentile del 1923.

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GOTAS DE VIDA – GOCCE DI VITA

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[Link in fondo per la versione in italiano]

                GOTAS DE VIDA

Los niños son gotas de maniantal
el tiempo fluye, se hacen
arroyo
torrente
río
mar
océano.

Si un sol de amor
los besa
devuelven gotas
que se deslizan riendo
bajando del cielo.

Y nueva vida
de belleza será.

Paseo de los poetas, Salta
Argentina, 28 de Julio 2022.
Esperando la cena al “comedor de Lalo”

                                      “Sueños al cielo” (detalle, fotografía), Gladys Giles
                            Exposición al Centro Cultural Islas Malvinas, La Plata, 14.8.22

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DESIDERIO D’ALBA

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Ho scattato questa foto undici anni fa. L’ho pensata e la sono andata a ripescare, per aggiungervi righe.

L’alba è desiderio: va cercata, più del tramonto. Ed è attesa di inizio, di luce.

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ACQUA

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ACQUA

                                                                   Desidero morire
                                                                   fiume
                                                                   per rinascere
                                                                   mare

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SCIOPERO PERCHÉ SI INVESTA SUL FUTURO

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Oggi sciopero contro i tagli alla scuola e l’autoritarismo del governo, ma soprattutto per chiedere una scuola degna di un Paese civile, nella quale i bambini possano davvero beneficiare di quanto stabilito nelle Indicazioni Nazionali.

Il governo Draghi ha introdotto importanti cambiamenti riguardo alla formazione e al reclutamento del personale, ed ha tagliato 9.600 posti di insegnamento (dal 2026 al 2031).
Come ha assunto tali decisioni, il governo? Con il decreto legge 36/22 del 30 aprile scorso (“Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”): su un tema fondamentale per il Paese, qual è la scuola, il ministro Patrizio Bianchi non ha ritenuto di doversi confrontare con le rappresentanze dei lavoratori, degli studenti e delle famiglie.

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LA PLASTICA NEL CICLO DELLA VITA, DAI MARI ALLA PLACENTA: CAMBIAMO ABITUDINI O RIMANIAMO CRETINI?

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Il futuro del fiume è alla fonte. Una riflessione, ed un invito a evitare la plastica, a partire da un errore al bar.
                                                                                  ***
Qualche giorno fa a pranzo sono stato un cretino, perché a
lla domanda della cameriera ho risposto «acqua» sapendo che mi avrebbe portato una bottiglietta di plastica, avendola già sul tavolo i miei commensali arrivati prima di me.
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ACCOGLIERE LA RABBIA DEI GIOVANI

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Aspettavamo almeno qualche domanda” è una ricca inchiesta sulla vita dei ragazzi, feriti dalla pandemia ma con idee e forza per costruire un futuro migliore. “Hanno capito che loro e la scuola non sono una priorità per chi guarda il mondo dall’alto”, si legge nell’introduzione dell’inchiesta, curata da Territori Educativi e Comune-info.

“Accogliere la rabbia dei giovani” è il mio contributo al dossier: una riflessione sull’intervento di due ragazzi dal palco di piazza San Giovanni durante la manifestazione per la pace a Roma, il 5 marzo. 

«Alla vostra pace rispondiamo col conflitto. Guerra alla guerra». Potrebbero essere liquidate come parole di una ragazzina esaltata, ubriaca del microfono aperto sulla folla di piazza San Giovanni. Queste parole pronunciate da Siria, portavoce della Rete degli studenti alla manifestazione per la pace di Roma di sabato 5 marzo, sono invece quelle che più stimolano a pensare. La generazione di Siria ha tanta ragione per gridare con furia: chissà se gli adulti sapranno comprendere quella rabbia e abbracciarla.
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VIVA LA PRIMAVERA!

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Con i bambini a scuola – a partire da chissà quale argomento – stamattina siamo arrivati a parlare di api e fiori, e ho chiesto loro: “Perché i fiori profumano? Per noi è scontato, ma in natura, tutto ha una spiegazione…”.
E mi è venuta in mente una foto che ho scattato il giorno di Pasqua.
Viva viva la primavera!

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C’È BISOGNO DI PACE, PER L’UCRAINA E IL FUTURO. FOTOGRAFIE DALLA MANIFESTAZIONE DI ROMA

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“Abbiamo bisogno di pace”. Parole semplici e profonde dal cartello di un bambino in piazza San Giovanni a Roma, alla manifestazione del 5 marzo promossa dalla Rete italiana Pace e Disarmo alla quale ho partecipato.

Come si è detto dal palco, pace significa una società giusta e solidale, con un’economia sostenibile e disarmata: la pace è il fondamento per una società che possa garantire un futuro buono per tutti, per l’umanità e per la Terra.

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DA UN NAUFRAGIO ALLA PENA DI MORTE. IN CLASSE

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«Ragazzi, lo sapete che cosa successe esattamente dieci anni fa?». Stamane, all’ingresso in aula, ho posto questa domanda ai bambini, dopo avere ascoltato al risveglio, come al solito, la rassegna stampa di Rai Radio 3 Prima pagina: non mi aspettavo che qualcuno alzasse la mano, in quella pluriclasse. E invece l’ha fatto una ragazzina di quinta: «C’è stato un naufragio e sono morte delle persone».

Lezione fondamentale numero uno (per tutti gli adulti): non pensare che i bambini siano degli incompetenti. Come siamo immersi noi in un mondo di fatti, emozioni e notizie, lo sono anche loro: ascoltano e vedono ciò che accade intorno a loro, ragionano e – se ne viene data loro la possibilità – si esprimono. Hanno idee. E se li ascoltassimo, riusciremmo a cambiare il mondo.

Le Indicazioni nazionali (la carta che dovrebbe essere sacra per gli insegnanti!) affermano a pagina 12: «Le esperienze personali che i bambini e gli adolescenti hanno degli aspetti a loro prossimi della natura, della cultura, della società e della storia sono una via di accesso importante per la sensibilizzazione ai problemi più generali e per la conoscenza di orizzonti più estesi nello spazio e nel tempo».
Pertanto, meglio porre domande che fornire subito spiegazioni.
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PROTEGGERE IL NOME DELL’INFANZIA

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A Pavia un bambino è stato rapito dal nonno e portato in Israele.
Questa era la notizia, e diffondere il nome del bambino non era necessario. A prevederlo sarebbe la “Carta di Treviso”, una «norma vincolante di autoregolamentazione» sulle informazioni riguardanti i minori, e che i giornalisti dovrebbero rispettare.
Invece già a fine maggio, quando il bambino è rimasto orfano in seguito alla tragedia della funivia del Mottarone, il suo nome è stato detto, scritto e ripetuto, insieme a quello dei genitori. Il nome del bambino è riapparso di nuovo in questi giorni sulle prime notizie della stampa; si è parlato anche delle sue origini etniche e della scuola che avrebbe ricominciato a Pavia con i compagni di classe, se non fosse stato rapito.

Idillio primaverile, Giuseppe Pellizza da Volpedo, 1896-1901 (fonte: Wikipedia).

La vicenda, da insegnante ed ex giornalista professionista, mi indigna molto e deve indignare tutti coloro i quali credono nella tutela dell’infanzia.
A che cosa serve un codice deontologico, se non viene rispettato? La mancata garanzia d’anonimato inciderà sullo sviluppo del bambino, quando sarà adolescente e poi uomo? Il modo in cui i media trattano il dramma vissuto dal bambino, è un segnale della visione culturale di questo Paese nei confronti dei bambini e dell’educazione? Si lega alla scarsa considerazione sull’infanzia da parte della classe dirigente? Dobbiamo gridare, noi educatori e cittadini, che ai bambini bisogna portare rispetto?

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ATENEI MILANESI, IL CAOS DEGLI ESAMI A SETTEMBRE. SVOLGERLI IN PRESENZA È UN AZZARDO

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Spesso è facile – e giusto – pensare «piove, governo ladro», come i mercanti che entravano nei Comuni con le merci bagnate, dunque più pesanti, e per questo dovevano pagare maggiori dazi.
Tuttavia basta uno sguardo su quanto deciso dalle università milanesi riguardo la presenza o meno agli esami di settembre – l’ultima sessione dell’a.a. 2020/21 – per comprendere che la confusione è forse nella genetica di questo Paese, non solo del governo di turno.

Iniziamo dall’università che frequento io da lavoratore, la Milano-Bicocca: gli esami di settembre sono in presenza, tranne per i residenti fuori Regione o in provincia di Mantova e Sondrio (chissà perché loro sì e quelli come me no: io per arrivare in Bicocca devo prendere due treni o il treno e la metro).
Anche per la Statale, gli esami sono in presenza.

Da buona moderata, la Cattolica invece sta di qua e di là, con esami sia in presenza sia a distanza.
E…rullo di tamburi…gli esami della Bocconi e dello Iulm  si manterranno solo a distanza!

Un’immagine della Bicocca, foto Licenza CC tratta da tinyurl.com/mf3xzeh8

Ora, ma dico io, possibile che una questione che riguarda tutti – tutti, perché gli studenti prendono mezzi e poi giustamente vanno in giro, escono la sera, incontrano amici e parenti… – debba essere affrontata in modo così diverso dalle università?
Svogliamo esami a distanza da un anno e mezzo: siccome la pandemia non è acqua passata e non è ancora chiaro quanto i vaccinati con due dosi (come me) possano essere veicolo di infezione, sarebbe stato insopportabile prorogare di un altro mese gli esami da remoto, per prevenzione? Continua a leggere

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GINO STRADA, UN MAESTRO PER LA SCUOLA

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«Penso alla sua visione. Quella sì che era politica. Visione, capisce questa parola? Coniugata alla parola bellezza trasforma tutto». Renzo Piano, in un’intervista a La Stampa, riesce a spiegare così in breve la grandezza del suo amico Gino Strada, con il quale ha progettato un ospedale a Entebbe, in Uganda. «Lo voglio scandalosamente bello», aveva detto il fondatore di Emergency all’architetto.
La morte di Strada scuote tutte le persone in cui vivono i valori per i quali egli ha lottato per decenni, da chirurgo e pacifista.
A leggere le parole di Piano, io mi sono commosso come maestro elementare. Perché visione e bellezza sono due parole fondamentali per l’educazione, per una costruzione giusta del futuro dei bambini. La figura di Strada, allora, ha molto da insegnare a noi maestri. [dalla Home cliccare sotto la foto per proseguire la lettura]

Renzo Piano e Gino Strada all’inaugurazione dei lavori per l’ospedale in Uganda. Foto tratta da Lifegate (tinyurl.com/pmtbaptb) © Emergency

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DIFENDIAMO IL DIRITTO ALLA SALUTE. UN’ESPERIENZA TRA LE BARACCHE NELL’INDIA DEL NORD

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La morte del fondatore di Emergency Gino Strada e le parole di sua figlia Cecilia – «Mio padre mi ha insegnato che proteggere i diritti degli altri significa difendere anche i propri» – mi hanno fatto ripensare a un giorno in cui ho potuto comprendere appieno, per negazione, che cosa sia il diritto alla salute.

Nell’estate del 2019 sono stato un mese nel nord dell’India, nello stato dell’Himachal Pradesh, per un progetto di tirocinio approvatomi dall’università Milano-Bicocca tramite il bando ExtraUe: avrei lavorato nelle scuole primarie dei villaggi sui primi monti himalayani tramite l’associazione locale Ruchi, dove ero già stato l’anno precedente per un campo di volontariato internazionale, sempre nelle scuole. [dalla Home cliccare sotto la foto per proseguire la lettura]

Attività di disegno in una scuola dei villaggi di montagna (foto D.F.)

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GINO STRADA, LA FAVOLA PER ELIMINARE LA GUERRA

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È morto Gino Strada, fondatore di Emergency. È morto un pacifista. Anzi, un utopista, come lui preferiva definirsi, perché pacifisti «lo sono anche i parlamentari che poi votano per le guerre» (leggi l’intervista).
Dal Corriere ho ascoltato un su intervento a Piazza pulita nel quale affermava che «passare il tempo a costruire arsenali anziché diffondere libri è deleterio, forse letale, per la nostra specie». Quante volte lo penso, da maestro elementare. Quanto è importante che lo dicano persone influenti come Strada.

Che avesse scritto una favola pacifista insieme a sua figlia Cecilia, però, non lo sapevo. L’ho scoperto cercando una sua foto in Creative commons (presa da qui). La favola, con la storia di Mago Linguaggio, spiega ai bambini il significato di parole come diritti, uguaglianza, privilegi. È una favola contro la guerra. La leggerò al più presto al rientro a scuola insieme ai bambini, e dentro il mio cuore ringrazierò ancora Gino Strada per ciò che ha fatto nel suo passaggio sul pianeta Terra. (di seguito il testo della favola) Continua a leggere

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LO SPARO A YOUNS E L’EMARGINAZIONE DIMENTICATA

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Il 3o luglio il sito di informazione Comune-info ha ripreso un mio reportage da Voghera sul caso dell’uccisione di Youns El Boussettaoui da parte dell’assessore alla Sicurezza Massimo Adriatici, avvenuto il 20 luglio; il reportage era stato pubblicato dal quotidiano il Manifesto, con richiamo in prima pagina, mentre il 25 luglio il Manifesto ha dedicato la copertina alla manifestazione a Voghera delle comunità immigrate, con mia foto e articolo («Giustizia per Youns», la rabbia degli italiani stranieri a Voghera).

Il caso di Voghera è esemplare del cambiamento della società italiana e della deriva nel sistema dell’assistenza.
“L’assessore con la pistola in tasca – come ha scritto Comune-info introducendo il mio reportage – è la punta di un iceberg, fatto di azioni, trasformazioni sociali, scelte politiche rispetto alle quali una parte della società, non solo a Voghera, ha reagito negli ultimi anni con l’indifferenza e la rimozione. C’è, ad esempio, il primo referendum consultivo di una città contro un provvedimento di solidarietà per sinti e senza tetto (era il ’99). C’è il primato di «città del gioco d’azzardo», benedetto dallo Stato, con una slot machine ogni 98 abitanti. C’è la diffusione della criminalità organizzata. C’è la crescita dei lavori precari. C’è un sistema che non è in grado di sostenere chi finisce ai margini“.

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LA SCUOLA E LA MORTE DEL SINDACALISTA ADIL

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File di camion sulle autostrade, astronavi di capannoni e cemento atterrati sulla campagna per smistare merci, furgoni con a bordo gli sguardi sfuggenti e stressati dei corrieri. Chi la paga, la comodità del nostro modo di vivere veloce e usa e getta? Questa situazione c’entra con la scuola? Purtroppo senso critico e livello d’istruzione non coincidono. «Forse dovremmo portare i bambini in un campo di grano adiacente un’autostrada – scrive Daniele Ferro, insegnante – e chiedere loro, con un percorso di ricerca senza destinazione predeterminata, ma da tracciare insieme: “Secondo voi, perché ci sono tutti questi camion?”. LEGGI SU COMUNE-INFO

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FILASTROCCHINA DEL 2021

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Ho letto stamattina queste righe a una classe di terza primaria per la nostra attività della “cassetta della posta”: anch’io mi diverto a inserire messaggi nella cassetta.

FILASTROCCHINA DEL 2021

Recita il proverbio: anno nuovo, vita nuova.
Mah! A me basta vi sia salute, allegria e poca noia!
Del 2021 chissà che ne sarà:
è un impostore chi dice che lui o lei lo sa!
Io vi auguro corse, corsivo, nascondino, ginocchia sbucciate,
letture, divisioni e moltiplicazioni, e in campagna, al mare o in montagna,
lunghe passeggiate condite da grasse risate.
E soprattutto vi auguro liti e paci, abbracci e baci.
E mi raccomando, non dimenticate di progettare gran birichinate!
Oh! Ma che comunque siano simpatiche ed educate!
Ed ora basta, perché questa è soltanto una filastrocchina,
scritta oggi in treno pensando a voi, quando il buio era ancor nella mattina.

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Righe del passato che ritornano

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Nel 2012 avevo quasi trent’anni ma ancora l’idea (meglio: il desiderio) di divenire maestro elementare non s’era per nulla affacciata alla mia mente. Eppure, ritrovate oggi alcune righe scritte allora, durante la vita a Cracovia per un tirocinio…beh, ve n’è una dalla quale deduco che quel desiderio, tardivamente emerso, “già” covava…

VENTO PARLANTE

Tira il vento
forte un poco freddo
dai Carpazi o da pianure invisibili
io cammino contro
e lui amico mi racconta
delle vite che da qui all’intorno
vivono

dei risvegli
per andare a lavoro
per baciare di buongiorno i bimbi
per guardarsi allo specchio stanchi
per trovarsi soli e affamati
per fare l’amore

io cammino contro
devo
ma vorrei seguirti amico mio
ascoltarti verso l’infinito
e imparare a soffiare
vento anch’io

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Intervista a Tisseron: la sua “rivoluzione” della scuola

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Oltre due mesi di didattica a distanza, confinati in casa, senza la possibilità di incontrare gli amici e di vivere la scuola in presenza, insieme ai compagni e agli insegnanti. Dal 4 maggio le misure di quarantena si sono allentate, ma i coetanei rimangono un incontro mediato dagli schermi, la didattica a distanza prosegue per un altro mese (spingendo soprattutto i ragazzi a trascorrere molte ore al giorno davanti agli schermi) e Internet caratterizzerà anche il ritorno a scuola a settembre, con la prospettiva di turni tra lezioni online e in classe. Quali sono i rischi e le opportunità di questa situazione che pungola i corpi e gli stati emotivi, e in cui le tecnologie digitali sono esplose d’un tratto nella didattica tradizionale? Che cosa comporta un uso eccessivo di schermi, nello sviluppo cerebrale di bambini e adolescenti, e come devono affrontare gli insegnanti le ultime settimane di scuola e il rientro a settembre? Ne abbiamo parlato con Serge Tisseron, psichiatra e psicologo francese, studioso della relazione tra media ed educazione e degli effetti delle tecnologie digitali sull’età evolutiva, fondatore dell’associazione 3-6-9-12.

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Questa scuola è disumana

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Fino a dieci ore al giorno davanti allo schermo del computer per seguire la scuola a distanza. «Anche di sera, se dopo le lezioni online gli insegnanti ci caricano di compiti. È disumano passare così tante ore al computer. La didattica a distanza non sta funzionando». A parlare è Bianca, liceale di diciassette anni. Per raccontare come lei e amici vivono questo periodo di scuola, si è scelta un nome fittizio che da solo offre uno sguardo sulla sua generazione: «Bianca è la mia YouTuber preferita».
Il resoconto della ragazza si dipana tra vari registri e argomenti: la drammaticità dei giorni a casa, la fatica davanti allo schermo, le relazioni con gli insegnanti, fino alle situazioni tragicomiche, con professori che spiegano accarezzando il cane e studenti che si arrabattano nelle strategie per ottenere un voto in più.

Quel che più di significativo si può forse cogliere dal racconto di Bianca, tuttavia, oltre ai consigli per gli insegnanti, è quanto sottolineato anche dagli esperti: il rapporto di collaborazione che si crea tra gli studenti, agevolato dalla tecnologia digitale (e dall’impossibilità di praticare la didattica tradizionale in classe). Un’occasione che gli insegnanti potrebbero cogliere da subito, per poi valorizzarla al rientro a scuola a settembre.

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FILASTROCCA DELLA DISTANZA SCONFITTA DALLA FANTASIA

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In attesa di un poco di libertà dalla quarantena, ho letto questa mia filastrocca ai bambini della classe in cui lavoro.

FILASTROCCA DELLA DISTANZA SCONFITTA DALLA FANTASIA

Filastrocca della distanza
il cielo è chiuso in una stanza
e c’è pure la bilancia
a dir che cresce un po’ la pancia

Ma è qui dietro il 4 maggio
inizierà un piccolo nuovo grande viaggio!
Un messaggio è a noi giunto:
si può far visita a un congiunto!

Così, con le ali della fantasia,
adesso prendo, e volo via!

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Gli insegnanti postini

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Nell’ufficio di una scuola media francese, i due insegnanti dirigenti fanno i postini: imbustano gli esercizi fotocopiati per gli allievi privi di tecnologia e poi, rientrando a casa, lasciano i pacchi nei negozi dove le famiglie dei ragazzi fanno la spesa. 

Raccolta da Cesare Martinetti con l’articolo A Saint-Nazaire il professore fa il postino, per il sito di Mario Calabresi Altre Storie, l’iniziativa del preside Marc Jalinier e del suo vice Yann Duval testimonia in concreto le parole con le quali molti insegnanti, in questo periodo di forzato isolamento, cercano di sottolineare ancor di più la base primaria dell’apprendimento: la relazione tra l’adulto e l’educando.

Vergata sui manuali di pedagogia – «Il buon maestro pensa anche ai vincoli di affetto», scriveva Quintiliano già duemila anni fa nella sua Institutio Oratoria – questa nozione è tra le vittime delle settimane che stiamo vivendo. Lo suggerisce anche la nota ministeriale n.388 del 17 marzo scorso, «Emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus. Prime indicazioni

operative per le attività didattiche a distanza», nella quale si sottolinea sin dall’inizio che compito dei docenti è «mantenere viva la comunità di classe, di scuola e il senso di appartenenza» per combattere «il rischio di isolamento e di demotivazione».

Oggi una delle domande alle quali ogni insegnante deve trovare risposta è quanto, e come, la relazione mediata dagli schermi possa sostituire la relazione di corpi ed emozioni vissuta in classe. E quanto, tale relazione, è ancora più importante per i bambini e ragazzi con svantaggio sociale, fisico o cognitivo. La stessa nota ministeriale – precisando che «nulla può sostituire appieno ciò che avviene, in presenza, in una classe» – invita alla cura delle «specifiche esigenze degli studenti con disabilità».

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GRIDA D’INFANZIA

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                                                            GRIDA D’INFANZIA

Oggi ho udito
più volte bambini
giocare nei cortili.
Non accadeva da tempo.

Fra i ricordi più teneri
il vento che m’investe il corpo
correndo a nascondino
tra i vialetti e i garage
di via Ugo Foscolo.

Sorridere tra sé
ascoltando grida di bambini:
sorridere alla vita
che sempre sboccia.

Ci voleva un virus
per rinascere.

                                                       DF

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FILASTROCCA DELLO STARE A CASA

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Se si potesse insegnare nel profondo
pur stando lontani
andrei in giro per il mondo
a lanciare libri e fantasia da mille deltaplani

Se si potessero abbracciare i bambini
rimanendo nell’appartamento
avvinghierei il pianeta dei piccini
foss’anche solo per un magico momento

Se si potesse volare sull’infinito d’un aquilone
tenendo serrata la porta
coglierei l’unica gioiosa soluzione
facendo d’un bel filo grande scorta

Se ci si potesse al mattino svegliare
per il vociare in strada della gente
giù dal letto mi precipiterei a zompare
senza dire «Gli venisse un accidente!»

Se si potesse cacciare via ogni problema
con una sonora spedizione ardita
musicherei con l’ukulele un anatema
ma questa non sarebbe vita

Se si potesse imparare da questo male oscuro
per seppellire con un monumento la stupidità
darei ai bambini le chiavi del futuro
inginocchiandomi alla loro volontà.
                                                                                            
                                                                                      Daniele Ferro

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Crossword Labs: cruciverba gratis online per imparare divertendosi

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Cercando una risorsa semplice, gratuita e che non comporti la creazione di un account da parte degli alunni per divertirsi con un cruciverba, ho trovato Crossword Labs: permette – oltre a una facile creazione – di inviare agli allievi un link, che consente di scrivere online le soluzioni.
 
Ho realizzato il cruciverba qui sotto (guarda la versione sul sito Crossword Labs) dopo avere registrato la lettura ad alta voce del capitolo 3 de C’era due volte il barone Lamberto di Gianni Rodari: lo sto leggendo ai bambini che seguo, capitolo per capitolo, ed ho pensato che oltre a un quiz di comprensione, potesse divertirli cimentarsi con un cruciverba che riporti alcune parole della lettura ascoltata. Eh sì…sembra piacere: per questo consiglio l’utilizzo di Crossword Labs!
 
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Filastrocca del bisbiglio

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Spesso in classe bisogna dire ai bambini di abbassare la voce, per discutere insieme e tra di loro: «Si può anche bisbigliare, bisbigliare!».
Allora ho pensato che con una filastrocca (letta ad alta voce dal maestro non più maestro ma dal signor Favoleggio Favoleggo col cappello nero a corta tesa), il concetto potesse passare più facilmente e…”divertentemente”.
P.s. L’accenno al miglio come cereale è legato al programma di storia di quarta.

                                                            FILASTROCCA DEL BISBIGLIO

Filastrocca del bisbiglio
lunga e corta quanto un miglio
attenzione!, non dei babilonesi il cereale
ma la misura d’una distanza non proprio siderale

Con la tecnica del bisbiglio, cioè pss-pss-pss
s’evita l’ordine del silenzio, cioè shh-shh-shh!
Ma soprattutto, perché parlare a voce alta?
Va a finire che la testa dal male si ribalta!
Va a finire che si crea un gran marasma:
solo a pensarci mi viene un attacco d’asma!
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I “segni” di una maestra che vivranno per sempre

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Ne avevo combinata una di troppo, oppure avevo parlato o riso disturbando i compagni al di là del limite. Così la maestra Annalisa Risi mi diede una nota.
Quando Annalisa scriveva una nota, la questione era seria: lei non aveva l’abitudine di aprire i diari dei bambini per faccende che si potevano risolvere con un rimprovero in classe, senza scomodare le famiglie. E non aveva l’abitudine di cancellare a fine giornata la nota, utilizzandola come strumento di minaccia e controllo. In questo modo, quando Annalisa mi dava una nota, sapevo che tornato a casa avrei dovuto affrontare una seconda volta le conseguenze del mio comportamento.

Quel giorno, però, devo avere guardato e implorato la mia maestra in maniera assai pietosa: in corridoio, mentre stavamo per uscire da scuola, Annalisa cancellò la nota. Incredulo, provai un profondo senso di gratitudine, e allo stesso tempo non svanì il senso di colpa per ciò che avevo combinato. Non sentii di averla fatta franca: piuttosto, la mia maestra mi aveva perdonato.
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Giancarlo Siani e l’inclusione: le parole che insegnano ancora

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Il 23 settembre del 1985 fu ucciso dalla camorra Giancarlo Siani, una persona che con la sua attività giornalistica ha reso l’Italia migliore, nonostante avesse soltanto 26 anni quando venne trucidato dai colpi.

Chi uccide non può uccidere le parole e gli insegnamenti che una persona ha lasciato: da insegnante con un trascorso di giornalista professionista, è per questo che oggi rileggo le parole di Siani e le trovo ancora più profonde e luminose di insegnamenti.

Il giornalismo – l’informazione – e l’educazione sono strettamente legate. Per essere persone davvero educate, e quindi libere, capaci di scegliere con giudizio e coscienza, bisogna conoscere quel che accade nella società, vicino e lontano da noi, per sapere come comportarsi, come pensare; la nostra vita è relazione con l’ambiente circostante e con le altre persone: non possiamo, non dovremmo, ignorare ciò che apparentemente non ci riguarda nelle nostre vite quotidiane da singoli individui
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SELEZIONE DEGLI UMANI E PAGELLE

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Durante gli scrutini finali delle settimane scorse, trovandomi a dovere assegnare un voto ai bambini di cui ho avuto la responsabilità del sostegno, sono andato a rileggere le righe scritte da Alberto Manzi il 7 giugno del 1975, con le quali il maestro comunicò una decisione: «Non ho mai classificato nessun alunno […] Se è obbligatoria la classificazione, delego la segreteria della scuola a dare lo stesso voto ad ogni alunno e per ogni materia».
[…] Non mi sento bene, consapevole che con un voto, con lo scrutinio, ho perquisito l’animo, la personalità di un bambino in difficoltà. E sospiro, cercando orizzonti di luce: li trovo negli occhi dei bambini con i quali lavoro. Quanti sono, tuttavia, i muri neri d’indifferenza che dobbiamo cercare di abbattere?
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I MURI CHE INIZIANO SUI BANCHI

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«Se si è festeggiato tanto l’abbattimento del muro di Berlino, perché oggi nel mondo ci sono nuovi muri in costruzione?». La domanda di Samuele risale all’anno scorso; sorta astuta in una scuola media dalla capacità adolescenziale di scovare l’ipocrisia adulta e di non rimanere indifferenti alla cronaca – Samuele si riferiva al muro statunitense al confine con il Messico – ancora me la ritrovo ogni tanto a gironzolare per la testa, insieme a un’altra questione: e se si dessero bei voti anche per le domande degli studenti, invece che per le sole risposte?
E quando noi adulti non abbiamo risposte che possano davvero spiegare l’insensatezza dell’umanità, non dovremmo attuare uno sciopero delle interrogazioni per tutelarci dall’incapacità di rispondere alle domande piene di vita dei ragazzi?
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ESSERE COME NESSUN ALTRO È

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«L’autismo non è un “regalo”. Per i più è una battaglia senza fine contro la scuola, i luoghi di lavoro e i bulli. Ma con adeguate circostanze e aggiustamenti, può diventare un superpotere. Ho avuto la mia bella dose di depressioni, ansia e disturbi. Ma senza la mia diagnosi, non avrei mai iniziato lo sciopero della scuola. Perché allora sarei stata come qualsiasi altra persona».

È ancora lei, la sedicenne svedese Greta Thunberg, a farmi piombare nel glocale, vale a dire la necessità di unire e valorizzare la nostra quotidianità e il territorio in cui viviamo (il locale) con ciò che accade nel mondo (il globale); è un’urgenza pedagogica, perché il nostro pianeta è uno solo e le menti dei popoli che lo abitano sono sempre più interconnesse attraverso i mezzi di comunicazione: la globalizzazione fondata su valori come quelli della nostra Costituzione, può essere un cammino verso la solidarietà e la diversità che è ricchezza.
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CLIMA, APPELLO PER UN’EDUCAZIONE AMBIENTALE DIFFUSA

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Da neo-maestro di sostegno sono rimasto molto colpito, e commosso, dall’accoglienza entusiasta di una mia proposta, per il FridaysForFuture di venerdì 15 marzo, da parte dei bambini di una terza elementare in cui lavoro. Lo stupore si è ingigantito quel giorno stesso a scuola, nell’osservare la caparbietà con cui hanno presentato riflessioni e disegni al sindaco del paese, alla dirigente e ai genitori, e constatando il coraggio di cui i bambini sono capaci: un’alunna, la più esile della classe, ha alzato subito la mano quando – con una proposta improvvisa anche a me stesso – ho chiesto ai bambini se qualcuno avesse voluto leggere alcune righe tratte dal discorso di Greta Thunberg alla Conferenza Onu sul clima di Katowice dello scorso dicembre.

La piccola, grande Nassima ha fatto un passo in avanti, desiderosa di leggere dinanzi agli adulti righe mai incrociate prima, ma di cui conosceva il viso dal quale erano state pronunciate…
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“AVRÒ CURA DELLA TERRA” – Filastrocca di primavera

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Innanzitutto, grazie a Marcello per avermi donato il 3.2.2017 l’opera d’arte qui di fianco (sempre una di quelle parte della mia galleria d’arte fanciullesca appesa in casa, vedi l’altra di Aurora). Qualcosa mi dice che Marcello già sentisse aria di primavera quel giorno di febbraio di scuola d’infanzia, dove mi ha conosciuto come educatore. E ora che lui è alla primaria, e ci sono tornato pure io da maestro per incontrare maestri-bambini, dedico anche a lui questa filastrocca di primavera che leggerò nella classe dove lavoro. Parole con cui vorrei volare, in rispetto ai milioni di studenti che hanno manifestato per il FridaysForFuture del 15 marzo, in rispetto ai sogni, alla Natura e agli esseri migranti, animali o umani che siano. 

                   AVRÒ CURA DELLA TERRA

È arrivata sospinta dalle rondini instancabili
con il vento del Sud e ali piccine formidabili

Annunciata da una Luna gigante nella notte
nei sogni ci sussurra desideri e nuove rotte

La sentite nei profumi dei fiorellin sbocciati?
La vedete nei tramonti di dolcezza colorati?

Gli scoiattoli zampettano, gli uccellini suonan festa,
le api fanno il miele e la vipera s’è desta

Presto, forza! Su le tapparelle:
il sole dona luce alle idee più belle

La Natura è meraviglia che cambia le stagioni
c’insegna a rispettare le umane migrazioni

Questa sera andrò a dormire bisbigliando una preghiera:
«Avrò cura della Terra…benvenuta primavera!».

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I BAMBINI SONO STELLE…E DESIDERANO LA NOSTRA PRESENZA

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“I bambini sono stelle: la bellezza dell’educazione”
Sanaa è seduta al banco, come i suoi compagni: quando le passo di fianco mi cattura la mano e la tiene avvolta. È il primo giorno di rientro da alcuni giorni di vacanze e questo contatto mi fa provare un’emozione – un fuggevole calore meravigliato nell’animo – che credo di non avere mai prima conosciuto: dopo le prime tre settimane di lavoro a dicembre, chiamato in corso d’opera dalla scuola come maestro di sostegno, al rientro avevo quasi dimenticato che Sanaa cerca il contatto di noi insegnanti.
Me l’aveva detto una collega al mio battesimo scolastico, quando la bambina mi accarezzava la nuca nei primi minuti del mio arrivo in classe: «Facci l’abitudine, perché lei è così!».

Io non sono il maestro di sostegno di Sanaa, ed è piuttosto lei, in quei momenti di mani avvolte, ad essermi maestra […]
—————————————-
Leggi qui i motivi per i quali scrivo del mio lavoro a scuola
PROSEGUI SU COMUNE-INFO LA LETTURA: “I BAMBINI DESIDERANO LA NOSTRA PRESENZA”

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I BAMBINI SONO STELLE – SPICCARE DA SOLI IL VOLO

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“I bambini sono stelle: la bellezza dell’educazione”

SPICCARE DA SOLI IL VOLO – Il mio dito, senza riflettere, punta il segno perso sul brano che si sta leggendo in classe. Francesco, senza occhiata né parola, con la sua mano scaccia d’un lampo il mio dito dalla pagina: un gesto, ed è tutto un dire. […]

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Per educare i bambini bisogna educare sé stessi, scriveva Lev Tolstoj. 
Nel mio lavoro, i bambini mi stanno educando, sono miei maestri, perché hanno molto da insegnare a tutti noi adulti. Bisogna “solo” avere il desiderio di osservarli ed ascoltarli, lasciarsi attraversare dalle loro emozioni, opinioni e lucide fantasticherie, per autoeducarsi a una vita più autentica – a una vita che sia più vita – in una società che invece spesso ci educa all’apparenza.  

Per un educatore, è importante scrivere per elaborare i propri pensieri e le proprie  emozioni. Ne ho sentito in particolare il bisogno da quando sono un maestro elementare di sostegno. Da qui, per non dimenticare tra l’altro il mio trascorso da giornalista, è iniziata anche una collaborazione con il portale di informazione Comune-info.

Qui sul mio sito raccoglierò le riflessioni che Comune-info pubblicherà sotto il titolo “I bambini sono stelle: la bellezza dell’educazione”. Perché i bambini ci indicano la rotta, perché grazie a loro sto imparando ad amare tutta la bellezza intorno a me, dai puntini neri di una coccinella ai mari della Luna che ci irradia nella notte.

LEGGI SU COMUNE-INFO L’ARTICOLO “SPICCARE DA SOLI IL VOLO

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JACOPO DENTICI, PARTIGIANO. ANDY ROCCHELLI, FOTOREPORTER: A LORO HO DEDICATO LA TESI DI LAUREA

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In questi giorni di Memoria, oltre a Jacopo Dentici, diciottenne partigiano morto a Mauthausen, penso ad Andrea “Andy” Rocchelli, fotoreporter ucciso a 30 anni vicino a Sloviansk, nell’Ucraina orientale in guerra, il 24 maggio del 2014, insieme al giornalista e suo amico Andrej Mironov.

A Jacopo ed Andy ho dedicato la mia tesi di laurea in Scienze dell’Educazione all’università Milano-Bicocca, conseguita lo scorso dicembre con 110 e lode, perché i due ragazzi sono punti di riferimento per apprendere, per impegnarsi; perché educare significa anche ricordare, per agire.

“Dedico questo piccolo lavoro alla memoria di due grandi giovani
che tali sono rimasti
per avere combattuto cercando
libertà e verità.
Jacopo ed Andy attraversano la mia vita:
l’uno in ricordo, l’altro in amicizia.

E continuano a vivere”

Leggi la dedica completa della tesi: “Un progetto di Media Education per una pedagogia della partecipazione e della responsabilità“.

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MINIMO OMAGGIO A JAN PALACH

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Il 16 gennaio 1969 lo studente Jan Palach si cosparse di benzina e si diede fuoco in piazza San Venceslao a Praga, per protestare contro l’occupazione sovietica e chiedere idealmente la libertà di tutti i popoli: morì tre giorni dopo, il 19 gennaio. Aveva 21 anni.

Mi scintillano gli occhi di commozione
ascoltando la notizia della tua memoria:
per liberare popoli da un’Armata prigione
incendiasti il tuo corpo, il Novecento e la Storia
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FIANCULLESCA EPIFANIA NOTTURNA

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                                                   FANCIULLESCA EPIFANIA NOTTURNA

Quand’ero fiore di futuro 
la sera della Befana
se non mi salvava un ponteera il mio cuore un po’ disperato
sospirante malinconico afflato:
arrivederci libertà,
si torna in classe
chissà quando Pasqua arriverà.
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Quando il volontariato accende un’alba sul futuro

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La solidarietà ci rende persone più libere, perché consegna l’ostinazione a non demordere dinanzi alle brutture del mondo.

L’associazione Lunaria, mia organizzazione di invio per un campo di volontariato in India nelle scuole, al quale ho partecipato in estate, ha pubblicato una mia riflessione sull’esperienza. Eccola.

A oltre un mese dal ritorno dal campo di volontariato, tutti i giorni, più volte al giorno, ho ancora l’India in testa. O meglio sarebbe dire che la mia testa è felicemente “occupata” dalle persone che ho incontrato là, intorno ai villaggi di Bandh e Patta nelle prime alture himalayane dello Stato nordico dell’Himachal Pradesh; è occupata dalle immagini di meraviglia cristallizzate come fotografie nella mente, e dai bambini con i quali ho lavorato nelle scuole, dai profondi disagi riscontrati e percepiti, dalle opportunità colte o dormienti, dagli insegnamenti tratti da un’esperienza che mi accompagnerà per il resto del mio cammino.
Per questo ho ribattezzato dentro di me “Educate a child” (il nome del campo al quale ho partecipato tra luglio e agosto grazie a Lunaria e all’associazione indiana Ruchi) in “Educate a child to educate yourself”: educa un bambino per educare te stesso.
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